
Una scelta incomprensibile
Ti Racconto una storia – Una scelta incomprensibile
Una scelta incomprensibile di Elide Tartaglino
Avevo quell'età in cui si mangia e si beve andando ben oltre il consentito, si vaga da un locale all'altro per buona parte della notte, si sproloquia sulla vita e sul mondo.
In una di quelle serate, mi dedicai con grande solerzia ad ingurgitare bagna caöda. L'odore che mi accompagnò quella notte non fu per niente, però, odore di santità ma quello acre e sgradevole di un intingolo un po' troppo abbondante.
Insomma, una bella indigestione fu il premio alla mia tracotanza.
Da allora non posso più sopportare l'olezzo d'aglio. L'ho comunicato anche a mia madre la quale sembra aver compreso, tant'è che ogni volta che le chiedo: ”Hai messo l'aglio?” lei risponde candidamente che no, non potrebbe mai, considerato quanto io lo tema. In realtà, però, in ogni piatto che mi propone, il famigerato ingrediente c'è, eccome!
Sarà una sua inconscia punizione per i miei passati stravizi? Fatto sta che continuo a non capire il perché di questa sua lucida, deliberata e crudele scelta culinaria...
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Una scelta incomprensibile di Andrea Grippo
3.022 d. C.
L’avevo tenuto nascosto così a lungo che avrei potuto aspettare che ogni mio caro morisse. Che bisogno c’era di dirlo ad alta voce? Invece, quel pomeriggio avevo aperto la bocca e incomprensibilmente avevo spiattellato la mia sessualità, in famiglia, come se la lingua avesse una coscienza, probabilmente sporca. Mi guardarono come se fossi un mostro e, forse, avevano ragione. Chi ero io per decidere di sovvertire le consuetudini sessuali?
Non accadde nulla di tutto ciò che la mia fervida immaginazione aveva elaborato. Mi venne semplicemente detto che ero contro natura e che gli estranei mi avrebbero fatto del male per la mia deviazione. Pensai che avevano ragione. Se la mia famiglia non mi accettava, che cosa mi avrebbe fatto il resto della società? Iniziai una nuova fase in cui non fu più necessario dire bugie e mi sentii tanto leggero che mi sembrò di prendere il volo.
Potevo finalmente gridare: sono un uomo a cui piacciono le donne!
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Una scelta incomprensibile di Davide Pelanda
Fu una scelta incomprensibile: rubai quegli occhialini da vista trovati su di uno scaffale del supermercato. Erano pince-nez dell'ultimo Ottocento e primo Novecento, con le due lenti unite da una molla che le teneva ferme sul naso, stringendolo da una parte e dall'altra. Come quelli di Camillo Benso Conte di Cavour. E perchè feci quel furto? Colpa di quei piccoli caratteri stampati sulle confezioni dei prodotti del supermercato. D'un tratto, poco più in là, sentii qualcuno che si lamentava: «Certo
che questi ingredienti, sempre più piccoli!! E qui? Grammi? Non si legge bene! E pensare che io ho fatto l'Italia! Ah, se la rifaccio, rifarò anche le regole per le etichette dei prodotti del supermercato. Ma dove avrò messo i miei occhiali!!». Ebbi un sussulto: non poteva essere chi immaginavo io. «Il Paese – borbottava la voce - non è più un mosaico di Stati e staterelli, spariti i ducati e i granducati di Emilia e Toscana, ridotto il dominio pontificio al Lazio, tramontate da Napoli a Palermo tutte le fortune dei Borboni. Ma ho bisogno di occhiali!» Seguii quella voce: «Per completare l’unità della Penisola mancano solo il Veneto e Roma. Dove sono gli occhiali!».
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Una scelta incomprensibile di Adriana Miele
Era un piacevole sabato pomeriggio di metà Ottobre, dal clima ancora clemente. È ormai trascorso esattamente un anno da quando Marco e io abbiamo deciso di lasciarci, dopo tre anni. Attraverso i vicoli del Quadrilatero e mi fermo dinanzi ad un’enoteca. Mi siedo fuori, ho voglia di godere di questo piacevole sole timido e di osservare le persone che passano.
Ordino il mio calice di vino. Rosso, fermo. Decido per un Lagrein di St. Michael Eppan. Accendo una sigaretta e inizio a sorseggiare. Sospiro e sono serena. Un anno fa non lo ero. Lo amavo ancora quando sono andata via da lui, ma l’amore, spesso, non è tutto.
Finisco il bicchiere di vino e ne chiedo un altro. Accendo una seconda sigaretta. Mi accorgo che una lacrima sta scendendo sul mio viso, leggera come una carezza. Ho sofferto, ma non sono triste adesso. Ho imparato. Ho imparato a vivere la leggerezza, apprezzando a pieno i momenti – soprattutto quelli fugaci e discutibili – di cui si è arricchita la mia vita.
È passato un anno in cui ho amato la solitudine. Il silenzio. La distanza. Un anno in cui le sole coccole che cercavo le trovavo nella musica, nella lettura e a intessere nuove conoscenze. Un anno fatto di un sesso approssimativo e vuoto.
Ho concluso anche il secondo calice di Lagrein! Pago. Accendo una nuova sigaretta e mi incammino verso casa. Così, inspiegabilmente cerco di dare ordine a questa scelta.
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Una scelta incomprensibile di Marilena Corato
Scegli di non vedermi più, di non sentirmi più. Così, senza preavviso.
Non ti vado più bene e dici che vuoi stare tranquillo, ma io so qual è la verità. Il fatto è che la vera scelta l’ho fatta io, quella di non restare ingabbiata in una vita piena di luoghi comuni e pregiudizi. Sono una donna libera, un vulcano di emozioni e spavento lo so, lo so eccome.
Scegli la via più facile, la fuga, il non confronto, ma così facendo mi hai resa completamente consapevole di ciò che voglio veramente e coraggiosamente mi affaccio ad una nuova vita.
Non ho più paura.
Lassù qualcuno ha dei piani meravigliosi per me e io merito di essere felice, lo devo alla mia vera essenza che batte prepotentemente sul mio petto, qualche volta esagera e mi serra la gola fino a non farmi più respirare, ma si tratta solo di qualche secondo, il tempo necessario per comprendere che tutto ciò che prima mi sembrava incomprensibile ora non lo è più.
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Una scelta incomprensibile di Paolo Napoli
- “Non ti capisco proprio, sai?’”
- “Sì, lo so. A volte non mi capisco neanche io”, rispose Yuri.
Aprì gli occhi, scoprendosi su una bellissima spiaggia. Era sdraiato e sentiva il calore del sole sulla pelle. Cercò di alzare un braccio, ma non vi riuscì.
- “Perché non riesco a muovermi?”
Nessuno gli rispose.
- “Ehy, mi senti?”, disse verso quella figura scura che gli aveva parlato un attimo prima.
Niente.
Provò allora a cambiare domanda.
- “Cosa non capisci?”
- “La tua scelta.”
- “La mia scelta”, ripeté lui sorridendo. - “E quale delle tante? Sai, di scelte incomprensibili ne ho fatte più di una. E non sono l’unico, lo so, ma se questo fosse un romanzo autobiografico si chiamerebbe Una serie di scelte incomprensibili.”
- “E invece questo è un tribunale, signor Yury Kovashenko, e lei è accusato di atti contro l’ambiente e l’umanità!”
Con uno sforzo Yuri alzò la testa, vedendo quello che ora sembrava... un giudice! Ma ce n’erano ben quattro oltre a lui, e poi la gente. E le tv di tutto il mondo. Già, era in un tribunale, legato a una sedia. Come un vero criminale. In attesa di giudizio.
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Una scelta incomprensibile di Simo.Nicoletta
Nella sala tutto è in ordine.
I segnaposto sono stati posizionati nella sequenza convenuta. Anche la pianta lì nell’angolo è stata ruotata per far mostra del suo alto migliore. Nonostante tutto le foglie nuove sono cresciute, e anche in quella sala riunioni nel seminterrato del palazzo la vita scorre e la primavera rivendica il suo spazio verde.
I dirigenti del partito entrano in processione silenziosa. Oggi non si scambiano battute alla buvette come al solito. Chi ha fogli sotto il braccio, qualcuno invece azzarda addirittura un’agenda vecchio stampo.
E poi arriva il Presidente.
Accompagnato dal suo braccio destro il Sottosegretario.
Ormai non porta più quegli begli abiti sartoriali con la camicia bianca, perfetta e inamidata, come qualche giorno fa. Ha sempre il suo maglioncino verde e i jeans neri. E’ sportivo. Sembra più giovane. Ma la scelta di abbandonare gli abiti civili preoccupa tutti, perché allora sembra vero....
Entra con passo deciso. Un cenno di saluto silenzioso: con lo sguardo passa in rassegna uno ad uno tutti i riuniti: il silenzio ha profumo di storia.
Un’istantanea di personalità dai quarant’anni in su che potrebbe comparire al fondo di un manuale di storia di seconda mano sotto il banco di un liceo. Una pagina di storia recente: quella parte del programma che non si riesce mai a svolgere con il dovuto interesse, perché ci si arriva a giugno.
All’improvviso il silenzio è rotto. Senza preamboli il Presidente annuncia: “Resistiamo e Attacchiamo”. Non ci sono premesse, argomentazioni, solo l’urgenza di dire cosa si dovrà fare.
Resto pietrificata, ma continuo a trascrivere i nomi dei presenti per la consueta verbalizzazione della seduta.
Non sono lì per dire niente, al pari del mobilio, testa bassa e trascrivo.” Il Presidente apre la seduta e comunica ai presenti la volontà di Resistere e Attaccare”.
Quello che succede dopo sono una serie di rapide azioni: chi al telefono, chi si alza, chi si reca nei propri uffici di competenza. Tutto si svolge ordinatamente secondo un protocollo di cui fino ad un sitante fa ignoravo l’esistenza.
Nessuno fa domande. Nessuno si stupisce. Nessuno è sorpreso.
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